venerdì, marzo 18, 2011

Domande incompetenti formulate da un imbecille.

Sgombriamo il campo: l’imbecille sono io le domande incompetenti sono:

- è stata misurata qualche variazione di temperatura della crosta terrestre che possa essere messa in relazione al riscaldamento gobale?

- potrebbe un riscaldamento della crosta terrestre provocare una sua, anche minima, dilatazione?

- se sì potrebbe ciò provocare una diminuzione della pressione della crosta sul mantello in alcune zone e in altre, al contrario, un suo aumento?

- è stato misurato un riscaldamento degli oceani, non solo in superfice, ma anche in profondità?

- una variazione della temperatura degli oceani inciderebbe sulla loro densità in modo abbastanza consistente da variare la loro pressione sulla crosta oceanica e ciò si ripercuoterebbe sulla pressione di questa sul mantello?

Queste domande sono dettate dall’osservazione che, nei corpi rigidi, una minima variazione di dimensione può comportare grandi variazioni di pressione.

Ho quasi paura di avere risposta a queste domande, se la risposta fosse positiva dovremmo mettere nel conto della civiltà del carbone-petrolio anche questi lutti.

mercoledì, marzo 16, 2011

Dal Marginalismo poetico al Riparativismo economico

La prima parte del titolo dell'articolo si riferisce a una teorizzazione, delineata in forma poetica, ma operata anche in forme pittorico-scultoree, del Marginalismo come scelta etica ed economica, da parte di alcuni intellettuali fin dagli anni '80 del XX secolo, la seconda parte verrà argomentata nell'articolo.

Dapprima le diverse crisi economiche, che hanno colpito l'occidente a ondate successive, intervallate da momenti di quiete relativa e addirittura di brevi espansioni settoriali, poi il tunnel della grande crisi da cui si continua a proclamare prossima l'uscita, ora questa messa all'angolo della supponenza scientifico-tecnologico-finanziaria, da parte del terremoto e del conseguente maremoto in Giappone, per chi vuole vedere all'orizzonte si profila un cambiamento che potrebbe essere definito davvero epocale, se ancora fosse possibile utilizzare questo aggettivo inflazionato: le priorità economico-produttive di una società che voglia mantenere una relativa stabilità stanno cambiando, dalla produzione legata al consumo breve e alla discarica veloce, ci si deve rivolgere ad una produzione di beni durevoli veramente tali, di beni riparabili, di beni aggiornabili.

Solamente una società che sappia aggiornare la sua scala di valori e con essa la economia produttiva a questi nuovi obiettivi, sarà in grado di mantenere quel grado di distribuzione della ricchezza e del lavoro, necessari e sufficenti a mantenere un grado di coesione sociale minimo, indispensabile per non precipitare in un gorgo di guerre e rivolte senza progettualità, incapaci di costruire alcunché.

Il nuovo modello economico-produttivo dovrà prevedere che, di ogni bene, venga prevista, già in sede progettuale, la riparabilità o la sostituabilità di ogni componente e che, tali componenti, siano facilmente separabili nei diversi materiali da riciclare, il costo relativo all'uso di un bene, quindi, dovrà poter essere "spalmato" su di un tempo molto più lungo dell'attuale, per fare un esempio, mentre ora il costo di un bene si concentra, in massima parte, al momento dell'acquisto, in piccolissima parte si manifesta durante la vita del bene sotto forma di manutenzione e infine, in parte quasi trascurabile, al momento della dismissione, bisogna che la sua durata utile aumenti sostanzialmente, in relazione alla sua riparabilità e la sua eventuale aggiornabilità, quindi parte consistente del costo dell'uso del bene sarà distribuito lungo la sua vita utile, ciò dovrà produrre una distribuzione del lavoro, in relazione all'uso di un bene, a una filiera molto più estesa, non più relativa cioè alla sola produzione, ma a tutta la sua vita economica, fino al suo rientro nella filiera produttiva come materia prima riciclata.

Le conseguenze di una simile organizzazione economica saranno molteplici, abbiamo detto in primo luogo che la durata economica di un bene dovrà consistentemente aumentare, i centri di manutenzione dovranno essere distribuiti più o meno capillarmente nel territorio, distribuendo un consistente numero di lavoratori in piccoli aggregati. Tutto ciò diminuirà la quantità di risorse destinate al trasporto delle merci (dai concentrati luoghi di produzione agli utenti) in quanto il ricambio di beni "nuovi" sarà molto minore, ma anche il trasporto dei lavoratori dai luoghi di residenza al posto di lavoro, in quanto molta parte della forza lavoro collegata alla vita del bene sarà, come abbiamo detto, distribuita sul territorio (nei centri di assistenza); è il caso di sottolieare, forse, che mentre la produzione di un bene è generalmente meccanizzabile in misura consistente, la sua riparazione, o il suo aggiornamento, lo sono molto meno, saranno presumibilmente di più le "ore uomo" coinvolte nella manutenzione del bene di quelle coinvolte nella sua produzione (e questo naturalmente non per difetti di fabbricazione, ma per scelta di durevolezza) aumenterà quindi notevolmente la componente di "valore salariale" dell'uso del bene in relazione alla sua componente "valore capitale".

Voglio mettere in risalto l'importanza che attibuisco alla locuzione ribadita "costo d'uso del bene", in contrapposizione a "costo di produzione del bene", in quanto è proprio in questa traslocazione del centro d'attenzione del ragionamento economico, che sta la possibilità di mantenimento di una socialità organizzata in questo millennio, come intuito dal taoismo alcuni millenni addietro e dal movimento anarchico alcuni secoli fa.

P.S.: L'uso del futuro è un augurio per le prossime generazioni.

giovedì, marzo 10, 2011

Webank: i soldi son qui, no non ci sono, son lì, forse, chissà?

Avere un conto corrente presso Webank del gruppo BPM è come giocare alle tre carte in un vicolo di Napoli: carta vince carta perde, dov'è l'asso di bastoni?
Essendomi accorto di avere una certa cifra sul cc ho deciso di acquistare dei BTP indicizzati area € ho calcolato di avere circa il 10% più di quanto sembrava il costo dell'operazione sul sito di Webank e ho dato l'OK.
Nel giro di due giorni sono stato subussato di msg che mi indicavano che ero in rosso.
Come mai vi chiederete voi.
Semplice: quei titoli sono indicizzati sul capitale e sulle cedole, quindi, anzichè 102,15 costavano 118,37, mi sono affrettato a ricoprirmi, ma i msg continuavano e lo scoperto aumentava!
Così ho scoperto che mi avevano accreditato due volte la cedola di un titolo, con due ammontari diversi, così è stato ancora più difficile capire l'arcano, e naturalmente mi hanno fatto lo storno allo stesso momento dell'accredito, così avendo io nel frattempo trasferito il danaro sul deposito in attesa di avere una cifra tale da giustificare un reinvestimento, mi aspetto che mi addebitino un mese di interessi passivi e magari anche il tasso di massimo scoperto, il tutto senza che io abbia fatto niente, hanno fatto tutto loro.
Ho telefonato per avere chiarimenti e mi hanno detto che mi avrebbero richiamato, per ora sono passate 24 ore e non è successo, informerò gli affezionati risparmiatori-lettori dell'evoluzione, come ho già fatto riguardo alla "via crucis" per ottenere il rimborso della doppia tassazione sui titoli di stato della Spagna, per inciso sono appunto di nuovo questi titoli che hanno causato il casino in questa situazione, infatti mi avevano accreditato una cedola con tassazione semplice (solo italiana 12,5%) e una con tassazione doppia (12,5% italiana e 19% spagnola) per cui io non mi sono accorto del doppione, il bello è che io ho inviato la documentazione richiesta il 27 Ottobre e la cedola scadeva il 31 Gennaio, direi che tre (3) mesi non sono pochi! Per quanto riguarda il rimborso della cedola invece sulla quale avevano già fatto la doppia tassazione mi hanno detto che la pratica richiede 18 mesi, secondo voi mi daranno gli interessi su questo differito rimborso?
E invece a chi dovrei chiedere i danni se la banca volesse gli interessi per questo ristorno antedatato di 38 giorni?
Non sarà che sono io a dover chiedere un onorario alla banca per controllare i conti che fanno loro?

sabato, marzo 05, 2011

Forum Nucleare Italiano, aporie

Sul Forum Nucleare Italiano Chicco Testa scrive, rispondendo a un articolo di Pippo Ranci:
"Faccio sommessamente notare che il contributo tecnologico che è venuto all’ Italia dalle fonti rinnovabili , nonostante l’alto costo degli incentivi, è quasi trascurabile."
Poi più avanti:
"Il futuro del mondo sarà nella fusione e nelle rinnovabili, come Ranci sembra immaginare? Me lo auguro, ma per arrivarci c’è molto lavoro da fare. Come per la quarta generazione dei reattori a fissione. Per la quale, come per la fusione e le competenze fisiche ed ingegneristiche di cui necessita, faccio sommessamente osservare che se arriverà sarà anche perché qualcuno ha nel frattempo sviluppato la prima, la seconda, la terza…"
Tutta la campagna pro nucleare che si sta sviluppando in Italia si sviluppa "sommessamente" cercando di fare apparire come obiettive le dichiarazioni e i commenti dei servizi dei telegiornali, gli articoli di stampa ecc. Ma non solo anche la pubblicità, recentemente sanzionata, se non vado errato, da qualche Garante, si sviluppa sommessamente come una tela di ragno, come un messaggio subliminale cerca di infiltrarsi nelle menti dei meno avvertiti.
A nulla serve far notare a costoro il levitare dei costi, il prolungarsi dei tempi previsti e le difficoltà esecutive cui sta andando incontro la costruzione della centrale nucleare in Finlandia, del medesimo tipo delle costruende centrali italiane, infatti in un altro articolo del medesimo Form Nucleare Italiano si legge un articolo a firma di Carlo Stagnaro "I veri costi del nucleare" nel quale si legge tra l'altro: "il costo medio attualizzato di generazione dell’energia nucleare non può essere desunto da esperienze precedenti ma dipende da una serie di variabili specifiche del singolo investimento e del luogo e del contesto in cui è calato" sembrerebbe un'affermazione da ultrà antinuclearista, una premessa a un panegirico su come in Italia si riesca a spendere in doppio, come minimo, di quanto si spenda in altri paesi europei per le medesime strutture o infrastrutture e invece...
Invece questo articolo viene posto tra quelli a favore del nucleare nel Forum suddetto!
Ma citiamo qualche altra chicca, egli cita tre tesi di un rapporto della Fondazione per lo sviluppo sostenibile compilato da Edo Ronchi e "basato su letteratura esistente e perlopiù condivisa", cito:
"- Il nucleare oggi non è competitivo con le fonti tradizionalmente impiegate nella produzione di energia elettrica(carbone e gas naturale) neppure tenendo conto dei suoi vantaggi ambientali;
- Il nucleare domani non sara competitivo con le fonti rinnovabili (in particolare eolico e fotovoltaico);
- Il nucleare in Italia avrebbe costi superiori a quelli riscontrabili in altri paesi e , di conseguenza, ha ancora meno chance di affermarsi rispetto a quanto accade altrove."
Quindi si tratta di tesi comunemente note e "perlopiù" condivise! Ma prosegue:
"La prima e la terza tesi contengono un importante grano di verità, ma meritano maggiore approfondimento"
Ma allora si tratta davvero di una quinta colonna ecologista infiltrata nel covo nuclearista? Onore al merito!
Ma il bello deve ancora venire:
"La seconda tesi... è difficilmente sostenibile. Scopo di questo paper è discutere le tesi sostenute da Ronchi ... da un punto di vista strettamente economico-finanziario."
A questo punto il lettore si aspetta, finalmente vorrei dire, una disamina economica magari con dati completi di qualche centrale costruita, esercitata e dimessa con valori attualizzati, cosa di cui non si ha notizia nell’orbe terracqueo, ma la premessa non lascia intravedere chiarezza, infatti di seguito alla citazione precedente:

“Le esternalità positive e negative del nucleare non verranno considerate se non nella misura in cui esse vengono(o possono essere) internalizzate attraverso opportuni sistemi di policy. (Nota: La principale esternalità positiva del nucleare è di natura ambientale, cioè la riduzione delle emissioni climalteranti .Le maggiori esternalità negative riguardano i rischi – per quanto remoti – di incidenti e la gestione delle scorie e la fine vita degli impianti.”
Ma allora era uno scherzo? In questo garbuglio si capisce la filosofia classica dell’imprenditore italico che quando un’azienda ha inquinato il sito dell’azienda scaricandoci i reflui di lavorazione e i capannoni stanno per crollare, fa fallire l’azienda, scappando in un paradiso fiscale e lasciando alla collettività il compito di bonificare capannoni e terreno, il perfetto ragionamento da commercialista mafioso più che da economista.
Ma proseguiamo:
“Questo paper non intende rispondere alla domanda: quanto costa l’energia nucleare? Per ragioni che verranno esposte, si tratta di una domanda a cui, in termini generali, non è possibile rispondere.”
Ma allora il titolo del paper?
L’autore prosegue dicendo che il paper di per sé non fornisce argomenti pro o contro il nucleare (?) poi ci diletta di una ipotesi fantascientifica che dovrebbe consolarci “In un contesto liberalizzato… costi e benefici economici sono (o dovrebbero essere) pienamente internalizzati dagli investitori; un investimento sbagliato non produce extracosti per i consumatori, ma un danno finanziario per chi lo effettua.”
Allora potremmo stare tranquilli, non mi risulta che, in qualche paese al mondo, dei privati stiano costruendo delle centrali nucleari senza garanzie pubbliche, ma quel “(o dovrebbe essere)” mi mette a disagio, come probabilmente era a disagio l’autore facendo l’affermazione che precedeva, sappiamo che in Italia, e non solo, si privatizzano le plusvalenze e si statalizzano le perdite.
Forse avevamo ragione a sospettare di questa prosa, l’autore era un esponente della Baader-Meinhof sfuggito alla cattura, che è riuscito a infiltrarsi nel nucleo nuclearista e lo sta distruggendo dall’interno o invece il nucleo nuclearista, troppo finanziato dalle multinazionali dell’uranio, è cresciuto troppo e sta andando incontro a fissione nucleare o a decadimento spontaneo?
O forse C. Testa & C. stanno cercando di accreditare sé stessi (e la loro attività e i loro sponsor) come unici e veri depositari del verbo ecologista?