martedì, gennaio 20, 2015

I buoni sentimenti e il giornalismo

Su "http://27esimaora.corriere.it/" Camilla Baresani esprime il suo orgoglio per l'essere europea prendendo spunto dalla vicenda delle due giovani donne tornate dalla Siria dopo mesi di prigionia, anche Roberto Saviano e Natalia Aspesi hanno scritto su di loro, la più parte delle cose scritte sono semplicemente a difesa delle due giovani contro il linciaggio scritto e verbale sui diversi mezzi di comunicazione che pare si sia scatenato contro di loro, scrivo "pare" in quanto io evidentemente evito, consciamente o meno non so, di vedere e quindi di leggere, articoli e opinioni carichi di odio insano, tutto ciò mi pare condivisibile, ma in buona parte di questi interventi si da per indifferente se si sia pagato o meno un riscatto e su questo io mi permetto di avanzare qualche perplessità.
Probabilmente Saviano e Baresani sono troppo giovani per ricordare la lunga e drammatica stagione dei sequestri a scopo di estorsione che si estese per vari decenni: 184 nella sola Sardegna (dagli anni '60 del secolo scorso)  e oltre 400 nel resto d'Italia (dagli anni '70); quanti furono in realtà è impossibile sapere in quanto non pochi non furono denunciati e si risolsero, in un modo o nell'altro, senza l'intervento delle forze dell'ordine e della magistratura.
Chi, come me, ha una ventina d'anni più di Saviano (che è nato nel 1979) ricorda periodi in cui giungeva notizia di almeno un sequestro ogni quindici giorni, ricorda che un buon numero di sequestrati non sopravvissero al sequestro, che più d'uno venne restituito ai parenti un po' alla volta, che finanche dei bambini vennero tenuti sequestrati per molti mesi in condizioni pietose.
Chi ricorda le polemiche che ci furono quando venne approvata la legge che prevedeva il blocco dei beni dei parenti dei sequestrati?
Eppure quella misura diede un colpo forte all'industria dei sequestri, certo insieme a progressi della tecnologia e delle tecniche investigative, ma il deterrente della difficoltà di trarre un utile fu essenziale per il rarefarsi estremo del fenomeno.
Quante persone furono salvate da quel provvedimento non è dato sapere, ma forse sarebbe il caso di non dimenticare il passato, qualcuno obietterà che questo caso è diverso: la molla ideologico-politico-religiosa diversa dal guadagno puro e semplice, ma i frequenti passaggi di "proprietà" dei sequestrati da un gruppo all'altro, da una banda all'altra, pare siano accertati in molti casi, se non la più parte.
Ovviamente all'epoca in cui la misura del blocco dei beni fu varata i parenti si sentirono violati e disperati e cercarono in ogni modo di aggirarla, i giudici che dovettero applicarla a volte lo fecero con sofferenza, pure lo fecero, e quella stagione passò.
Allora la sola cosa che io contesto ai summenzionati giornalisti non è certo la letizia per la liberazione delle due donne, ma il fatto di giudicare ininfluente il pagare un riscatto per tale liberazione.

venerdì, gennaio 02, 2015

Magdi Allam il 4 luglio 2006 sul Corriere della Sera
critica giustamente, credo, un certo nascondersi dei media nel commentare le notizie dal medio oriente, ma in questa condivisibile critica commette un errore che può sfuggire a una prima lettura frettolosa cito testualmente: “… i nostri media hanno addossato la responsabilità della nuova «spirale dell’odio» alla «invasione» e «occupazione» nonché al «massacro» imputato a Israele, nel momento in cui ha adottato le misure necessarie per salvare la vita del suo soldato.”
Se bombardare la popolazione civile viene considerato una “misura necessaria per salvare la vita al suo soldato” onde rendere invisi alla popolazione i militanti di Hesbollah e tagliare quella rete di complicità e protezione che ne rende possibile l’azione, chi ha memoria della lotta di resistenza in Italia sente un inquietante già vissuto: quando i massacri di civili nelle campagne italiane avvenivano con mezzi diversi, ma ugualmente "giustificati".
Questo tipo di problemi si pone ogni volta che un esercito regolare di uno stato si scontra con formazioni militari espressione invece di una frazione della popolazione. Purtroppo non mi vengono in mente soluzioni, che la storia abbia proposto a questi conflitti, diverse dalla capitolazione e dal ritiro dal territorio dell’esercito statale o dallo sterminio pressoché totale della popolazione contrapposta.
Quando due stati tramite i loro eserciti si scontrano la popolazione civile ha dovuto sempre patire per la sua vicinanza o interposizione tra i fronti, questo era sempre vero nelle antiche guerre di movimento con cavallerie e fanterie che si scontravano in campo aperto, le armate in movimento razziavano e uccidevano, stupravano e mutilavano; una breve pausa ci fu con l’affermarsi della guerra di trincea durante la prima guerra mondiale, ma subito la tecnologia bellica si incaricò di portare la morte nelle retrovie e più a fondo ancora nei centri nevralgici dello stato avversario: le città e le industrie che all’esercito nemico fornivano di che battersi.
Allora per piacere smettiamo di parlare di guerra come di uno scontro di eserciti, di uomini in armi, essa non è altro, oggi come sempre, che un massacro reciproco di popoli per tramite dei suoi boia, nobilitati da divise o meno, con una menzogna etica codificata o meno, con alibi religiosi o ideologici o meno.
Cosa ci dice la storia in specifico di conflitti come quello israelo-palestinese mai ufficialmente dichiarati? Che poche volte sono finiti con un accordo duraturo, mi sembra di poter dire, ma non sono uno storico, chi può mi smentisca.
Solo vorrei che smettessimo l’ipocrisia di dirci diversi dai nemici, di giustificare la nostra guerra con valori che poi smentiamo nella sua conduzione ogni giorno e non potrebbe essere altrimenti.
BdA

A tavola con lo squalo, niente paura, non mi riferisco alla suocera.

Dopo averlo lavato e sventrato e di nuovo lavato, mettete da parte le pinne per le specifiche preparazioni cinesi e la testa per la gelatina, con il resto potete farne delle fette di circa 12-16 mm di spessore che potrete cucinare come bistecche avendo l'accortezza di non cucinarle troppo.
La ricetta che voglio suggerire oggi è "Squalo allo zenzero".
Ponete uno spicchio di aglio in olio e.v. di oliva e, a fuoco vivo, appoggiatevi un trancio di squalo, coprite e, mentre va, lavate dei capperi in acqua corrente, tagliate due fettine sottili di zenzero fresco e due dischetti di buccia di limone. Girate il trancio di squalo e ponetevi sopra i capperi, lo zenzero e il limone, coprite ancora per qualche minuto poi girate di nuovo il trancio e cucinate ancora a fuoco vivo aggiungendo qualche cucchiaio di vino bianco leggero.
A seconda del tipo di padella, dello spessore del trancio e dell'intensità del fuoco i tempi di cottura variano, in ogni caso quando a pelle sarà facilmente staccabile dalla carne con un coltello da tavola la cottura sarà ultimata, non superando in genere i dodici minuti.
Un eccellente contorno sarà una insalatina di rucola, portulaca e foglioline di rapanello.
I vini potranno essere bianchi o rosati a leggera acidità è inutile ricorrere a vini particolarmente costosi il cui bouquet comunque verrebbe soffocato dagli aromi intensi dei piatti suggeriti.
Una buona alternativa può essere una weissebier, oppure una tisana di menta e germogli di agrumi (senza zucchero) o un brodo di asparagi e spinaci leggermente salato.

In morte del padre

In morte del padre

Mentre l’alba trionfa sulla notte ti vengo a cercare,
so che non giungerò in tempo,
soltanto spero di vederti sereno,
spero che il dolore non ti abbia sconciato
e sono esaudito.
Tra le lacrime mi consola una serenità,
profonda, che nuota per venire a galla,
come un sughero non può stare sommerso,
così tu non potevi fare a meno di lottare,
mandasti a casa i miei fratelli una volta ancora,
come tante volte facesti anche con me,
quanto mi pesa avere mancato quell’ultimo saluto.

Quante volte ci contrastammo,
quante volte mi offristi cose che non amavo,
quanto tempo impiegasti a imparare ad ascoltare,
un poco,
e fu crescita la tua o resa al tempo?
A che età imparasti ad avere stima delle mie scelte, non so.
Certo fu tardi.
Solo a momenti, a frammenti, a sprazzi
potei infine capire che di me eri orgoglioso,
ma fu un po’ una resa la tua, alla vecchiaia forse,
al tuo bisogno,
ché di poco venni incontro ai desideri tuoi per me.
E d’altro canto ero più figlio di mia madre che di te.
Solo, forse, soccorrendoti ti ho infine trovato
e con te mi sono conciliato.
Ecco ora sento in me come un amore,
Vi sento, Madre e Padre, insieme finalmente.
Lunga fu l’assistenza che vi diedi e poi l’ascolto.
Ora vi sento in me come se voi foste i miei figli
E io pregno di voi, ma non ci sarà mai parto.
Diventerete sempre più piccini e più vicini
E piano ci confonderemo…

L’alba del tuo ultimo giorno tu non vedesti, padre.
Pure, anche quel giorno le seguì l’aurora.
La pace ti conquistasti con fatica.
Dopo battaglie durate una vita,
anche nella casa di riposo, tu non riposasti,
formasti un comitato di degenti,
rivendicaste i vostri diritti
confrontandovi con i dirigenti…
La tua lotta non fu inutile se ci insegnasti a lottare.

Milano 26 marzo 2007

Norman Atlantic e dollari falsi?



  La tragedia della Norman Atlantic può insegnare qualcosa anche a chi non era a bordo, io da molti anni ho preso l'abitudine di fare viaggi per mare portandomi il salvagente personale, nel caso di viaggi fuori dall'estate o in mari freddi porto anche una muta subacquea. Quando ero più giovane, inoltre, preferivo il passaggio ponte alla sistemazione in cabina, ora l'età non me lo permette più, ma cerco comunque di stare all'aperto o comunque nei ponti superiori per la più parte del tempo.
 Fissazioni?
  Può darsi, ma queste abitudini mi sono venute dopo vari viaggi in mare, in cui ho visto le innumerevoli mani di vernice che coprono carrucole, meccanismi vari e, non di rado, anche tratti delle corde che permettono l'ammaraggio delle scialuppe di salvataggio, ho visto la scarsa attenzione del personale all'imbarco (una volta ad es. mi imbarcai da Bastia con un biglietto per Livorno ed ebbi la sorpresa di arrivare a Genova, tanto erano state chiare le indicazioni ai passeggeri) e ho avuto qualche esperienza di scarsa professionalità del personale nel trattare i passeggeri (aggressioni e minacce) ma inoltre e soprattutto, ho verificato quanto facilmente un mare, quasi affettuoso nel suo cullarsi, possa incapricciarsi del cielo e tentare di raggiungerlo in un impeto folle.
  In tante occasioni quando insegnavo mi sono dovuto scontrare con la pigrizia, mentale e fattuale, di colleghi e dirigenti nei confronti della prevenzione dei danni evitabili in caso di emergenza (incendi, alluvioni, terremoti ecc); le esercitazioni sui comportamenti da tenere in tali emergenze sono viste e vissute dalla maggior parte del personale come adempimenti formali, inutili seccature che interrompono le consolidate abitudini in cui si riesce a muoversi anche in trance, in situazioni di questo tipo la maggior parte dei dirigenti si eclissa, di solito hanno incontri con alti dirigenti in altra sede.
  La preparazione alla vita che la scuola dovrebbe fornire non dovrebbe riguardare anche una preparazione almeno generica a fronteggiare una emergenza?
  Con l'aumento della popolazione mondiale e l'aumento della concentrazione della popolazione nelle metropoli le occasioni in cui ci troviamo a essere parte di una folla sono sempre più frequenti, spesso si tratta di folle neutre dal punto di vista emozionale o al peggio frettolose, in altre occasioni si tratta di folle festose, concerti o altri spettacoli o “eventi”, un altro caso tratto dalla cronaca di questi giorni ci mostra come una folla festosa possa essere pericolosa, le decine di morti durante il festeggiamento del Capodanno in Cina, forse per una distribuzione di dollari falsi, sono esemplari, sia ben chiaro che stiamo parlando di folle che non hanno paura.

  Se poi, a qualcuno di voi, è capitato di trovarsi in una folla presa dal panico sa quanto crollino la capacità di discernimento e il senso etico della gran parte dei componenti di tale folla.
 A maggior ragione la scuola dovrebbe aiutare i giovani a imparare a gestire le situazioni di pericolo collettivo.

2 Gennaio 2015 Milano