giovedì, gennaio 29, 2009

...

Se la neve la preserva…


Scende la neve,
candida e lieve,
copre, silente,
parchi e giardini,
mancando i bimbi,
assenti i nonni,
restano i cani,
coi lor padroni,
copre, la neve
le loro fatte,
e le preserva
dalla disfatta,
saranno pronte,
con il disgelo,
fresche e odorose,
appariranno,
tra l’erba verde,
come deposte,
appena fatte.


resta fresca anche la merda.

Milano 22 Gennaio 2009

A Stefania che commentò "Le anatre e il Tao"

Stefania, questo tuo commento vale per me
quanto una nomina a senatore a vita,
ti fò una riverenza ed arrossisco,
sfioro le tue scarpe col cimiero,
davvero non ne sono degno,
non fu che un caso, sul fiume,
vedere in quegli uccelli,
queruli, il tao,
no, non fui io,
fu il tao,
fu.

Pampax

Vorrei essere piattola della tua pampa.
Avvinto alla radice del pelo.
Avvolto dagli umori,
stordito dagli odori,
sordo a tutti i rumori,
fuorché allo strofinio
del raso del sottogonna
sulle tue natiche forti.

Milano 8 Gennaio 2009

Nelle tue piccole labbra

Vorrei perdermi là dove gli umori secerni,
nascosto nella tua umida forra,
aspetterei i momenti eterni, istanti preziosi,
della tua sorgente intermittente,
mi cullerei, adagiato nelle tue pliche, al tuo passo,
sordo ai rumori del progresso,
solo la notte uscirei,
per udire gli usignoli intonare i loro canti alla Luna.

Pietra Ligure 2 Gennaio 2009

Le anatre e il Tao

Fendono la corrente innanzi a me le anatre,
eppure stanno ferme,
al loro petto si aprono le onde,
la flotta dei piroscafi leggeri tace
ed io con loro,
rifletto sul taoismo, sulla vita.

Pietra Ligure 2 Gennaio 2009

La valle della Luna

L'Uomo strappò la mia veste di bosco,
il Fuoco arse la mia camicia d'erba,
e, il Sole, la mia carne terrosa,
la Pioggia ne strappò ampi brandelli,
la Luna dà refrigerio alle mie ossa,
così impudica, esposta, nuda,
io ti appaio solo roccia nel Vento
che sotto il suo soffio inquietante geme.

Milano 18 Gennaio 2009

La stagione delle piogge

Infine un tetto,
tra le radici di un pandano.
Sono il più grande,
cinque anni,
mi diceva mia madre,
tanto tempo fa,
quando era con noi
Così sono il padre,
no, non davvero,
solo fino a quando non torna,
sono il maggiore,
gli altri sono bambini
e devono ubbidire,
siamo riusciti a mangiare,
quasi sempre qualcosa,
ora però piovono bombe,
e io non so che fare.
Seduti sui calcagni, nel fango,
mia sorella e mio fratello stanno,
giocano, come facevo anch'io,
con una formica soldato e un rametto,
bisogna passarselo da una mano all'altra,
senza che ti morda, senza fine,
così facciamo anche noi,
avanti e indietro, tra i due fronti,
ora ho paura, più di prima,
sono cresciuto e non voglio,
non voglio andare con le Tigri,
non voglio combattere per loro,
non voglio lasciare i miei fratelli,
non voglio che l'esercito mi uccida,
penseranno che sia una Tigre,
anche se non lo sono…
Intanto qui non c'è niente da mangiare,
avessi almeno ancora il mio coltello,
potrei scavare le grosse larve bianche,
quei bruchi grassi e dolci,
nel legno marcescente,
ma l'ho perduto ieri nella frana,
ci siamo salvati a stento,
ha fatto cadere, il temporale,
il muretto di terra e di letame,
al quale stava appoggiata la lamiera,
chissà che non sia stato Shiva, il distruttore.
Chissà se i bombardieri hanno sulle ali,
o sulla pancia, l'immagine del Budda,
che medita, ieratico, l'ascesi.
Ah, se avessi almeno il mio coltello!

Milano 15 Gennaio 200

L'appuntamento

Incontro la mia bella lungo il fiume,
ha intorno un'aria tremula e un po' scura
e chi, senza badarle un po' la sfiora
poi si ritrae, e trema di paura ,
un poco anch'io, ma poi con me l'invito,
andiamo sottobraccio fino al ponte,
la, dove pasturano le oche
ed io ripasso un poco la mia vita
infine lei mi ricorda ch'è finita
e strettomi con forza mi conduce
in quella forra dove non c'è luce
e, lasciva, attenta, mi sorride,
finchè io cedo e con la morte gioco
andando insieme verso il cimitero.

Pietra Ligure 2 Gennaio 2009

In una giornata di nebbia

Un rivolo di nebbia, dalla finestra socchiusa,
scende, così, nella vasca, un rivolo di sangue,
sento di diventare più leggero.

L’acqua si è fatta quasi fredda,
mi scuote un brivido le membra,
lo stomaco mi sembra più pesante.

Mi duole un po’ la testa e non la muovo,
dovrà sembrare un suicidio, sono certo,
avranno cercato il narcotico con cura.

Se penso che l’assicurazione era fasulla…
Era una fotocopia taroccata bene,
lei e il suo ganzo l’hanno creduta vera.

Ora, lo sento, sto per scivolare, sotto,
speravo di non finire anche affogato,
sono davvero così brutti, nelle foto.

Suicidato per aver voluto fare il furbo,
ma ancora peggio, se fossi stato onesto,
oltre che morto sarei stato beffato.

In fin dei conti non prenderanno un soldo,
questo dovrebbe consolarmi, mi ripeto,
vorrei tremare di freddo, ma non posso.

L’acqua è diventata quasi un rosso intenso,
lo stomaco contratto mi fa male,
si piegano le ginocchia sotbho ‘l spebhob

Il muro e la memoria

mattone su mattone su mattone
ne su mattone su mattone su ma
costruisco un muro
per tenerti fuori
per chiudermi dentro
tu sarai prigioniero
io sarò prigioniero
io sarò libero di non vederti
tu di non vedere me
sarà un bicchiere mezzo vuoto
sarà un bicchiere mezzo pieno
io sarò protetto dal tuo odio
non dalla mia paura
tu sarai protetto dalla mia mano
io dalla tua
due facce della stessa moneta
non c'incontreremo mai
fino a che la curiosità
non vincerà memoria

Milano 28 Gennaio 2009

Dalle colline corse

Io qui, sulla collina del vecchio cimitero,
guardo i falchi volare, indaffarati,
dalla torre pisana, ai campi lungo il fiume;
sento le strida dei piccoli affamati,
non quelle dei topi, morti e lacerati.

Seduto nella macchia spogliata,
che circonda il vecchio cimitero,
aspiro l’odore del mare, il suo respiro;
fermo, sento i conigli, guardinghi,
uscire allo scoperto. Giunge il tramonto.

Tra poco comincerà, l’assiolo,
a scandire la notte col suo verso,
hanno già dato, intanto, il cambio,
alle ultime rondini, nel cielo,
pipistrelli scuri e silenziosi.

Io, qui, sulla collina, che si fa scogliera,
sento le procellarie piangere la gente,
abbandonata dai gommoni in mare aperto.
Il mare mormora, e sembra indifferente,
ma forse sono io che non capisco, niente.


Milano 26 Gennaio 2009

Dal Medio Oriente

Se dovessero, arabi e israeliani,
pagare per il dolore che ci danno,
a tutti noi nel mondo che li guardiamo,
a tutti noi che li ascoltiamo e non capiamo,
per le nostre speranze, deluse, nel progresso,
per le magnifiche sorti e progressive, morte,
per i nuovi anni, sempre rinnovati e sempre uguali,
per le foto di bimbi martoriati cui ci hanno costretto,
e poi le donne, i vecchi e i giovinetti, invalidi e amputati,
ben più di mille dovrebbero morirne al mese, forse duemila,
a mesi alterni, beninteso, ora di questi e ora di quelli,
ché in Africa è così, ci dan dolore anch’essi e forte,
ma pagano, la nostra sofferenza, ben più di tanto.
Allora vale la pena di soffrire noi,
sapendo loro quanto costa!
Invece lì, nel Medio Oriente,
per quanto ci fanno stare male,
dovrebbero oramai essere scomparsi,
eh, quanti popoli lo fecero in silenzio.
No, loro no, ancora stanno a urlare,
ma oramai ci abbiamo fatto il callo,
aspettiamo, a commuoverci la fine.
Aspettiamo che, dei due popoli,
almeno uno scompaia.
Poi lo commemoreremo.
Certo che, con l’insistenza
con la quale vanno avanti,
che non vogliono parlarsi,
che vogliono gettarsi, l’un l’altro, a mare,
viene da dirsi: sarebbe più leggero,
il mondo forse, dopo di loro,
senza questo carico di odio,
senza questo o quello, qualunque Dio.

Milano 13 Gennaio 2009

Capire la poesia

Capire la poesia

Cotto di vino aspro, cotto di miele
cotto con spezie diverse,
dalle tue mani ripreso dal vaso,
posto incongruamente nel piatto,
e decorato di salsa di mirtilli e cioccolato,
eccomi pronto,
verserò lacrime di sangue,
lacrime di me,
distillo versi malati,
rime baciate, alterne,
dodecasillabi o esametri,
senza misura o pena,
se mi capisci, bene,
fingi, altrimenti,
qualche parola arriverà al tuo cuore,
altre alla mente,
intendo ridere di me sopra ogni cosa,
fammi ridere con te,
morte, mia sposa.
Descriverti saprò senza vederti,
dammi la mano e andiamo,
altri ci sono che spingono da presso,
e senza posa.


Se mi capisci, bene,
fingi, altrimenti,
qualche parola arriverà al tuo cuore,
altre alla mente,
non serve il costrutto della frase,
solo l'intento.

non serve.


Milano 26 Gennaio 2009

Al critico Narri

Le sono debitore di un consiglio, caro Narri,
ma scrivo per gusto ed emozione,
per divertimento e rimozione,
mosca cocchiera sto sul bue, dinanzi ai carri,
cerco, anche nel riso, compenso
al mio dolore, così non penso,
e poetando sussurro, o canto, stonato.

Doglianze di poeta

Leggo delle morti quotidiane di chi davver lavora,
e me ne dolgo, una tenia mi sento, un parassita,
io, solo, mi compiaccio che il massimo rischio di un poeta,
qui, non sia che la tenzone che, in versi sciolti, o in rima,
si compone di sensi e di dissensi,
si articola in nonsensi,
si scioglie in controsensi.
Chi si prende sul serio,
intimo della musa,
e chi davvero scherza,
senza tenere il muso,
e chi, preso di sé, s'adonta.

Accablé

Accablé de souvenirs,
même du devenir,
par les fantômes, inconnus,
de ma prochaine vie,
je reste la bas, silencieux,
cependant si bien présent,
a moi même, comme une chêne,
à la fête du gui parmi les Celtes.