Quanti commenti inutili o a tesi si sono letti o visti o
sentiti in questi giorni, l'articolo 18 non vieta assolutamente di licenziare
in caso di diminuzione delle necessità di personale in azienda, vieta solo le
discriminazioni politiche sociali, razziali o sindacali, cioè il licenziamento
senza giusta causa di un lavoratore.
La Fiat, che ha
voluto fare da apripista in questa conterapposizione tra lavoratori e aziende,
ha una lunga tradizione di comportamenti antisindacali, di discriminazioni
politiche e sindacali tra i lavoratori, che sono state attuate con la complicità dell'apparato
politico, poliziesco e giudiziario nel secolo scorso, questa è solo una seconda
puntata o, meglio, un remake del terzo millennio.
In Italia, con la
complicità delle "anime belle" del riformismo
"progressista", si è avviata, con la scusa della elasticità
produttiva, che avrebbe dovuto rispondere alla dinamica economica che conseguiva
alla globalizzazione, l'era dei contratti atipici, ma senza quei
"paracadute" sociali e quelle garanzie retributive che avrebbero
potuto giustificare una simile scelta, il risultato è sotto gli occhi di tutti:
aziende in perenne affanno, clienti insoddisfatti, le società in mano a manager
che pensano solo alla capitalizzazione di borsa nel breve periodo e alle loro
stock option.
Chi era il mito dei
giornali una decina di anni fa? Soggetti come franco Tatò, il tagliatore, e
tanti altri lo hanno seguito sulla strada delle esternalizzazioni e delle
assunzioni brevi o brevissime con contratti di apprendistato che non venivano
mai “consolidati” e ora addirittura con i continui ricambi di stagisti, ma
possono reggersi le aziende in queste condizioni?
I lettori che
lavorano con cognizione del loro ruolo nell’azienda, non hanno bisogno della
mia risposta, la conoscono e combattono da tempo con la continua formazione di
nuovo personale, che non si riesce mai a completare.
Solo coloro che dal
transuranio cadono a Palazzo Chigi e nelle sedi dei vari Ministeri, possono
esprimersi con la leggerezza che abbiamo sentito ultimamente da parte di
numerosi esponenti di codesto Governo.
Qui
si può leggere un piccolo esempio di quella che è la realtà, diffusa, delle
aziende, che appaltano il lavoro interno a cooperative non di rado costituite
ad hoc, abbiamo bisogno di più tutele, non di meno, basta funerali per morti
“bianche” o processi dopo decenni per lavoratori uccisi da malattie
professionali su cui gli enti preposti hanno chiuso entrambi gli occhi.
Ultima nota: che
esperienza di precariato ha il professor Monti per esprimersi su tale argomento
con questa leggerezza?
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